Signori, alzatevi in piedi

17,50

AUTORE: Signori, alzatevi in piedi
TITOLO: Nela Munich Ionescu
ANNO: ©2023 DI CARLO EDIZIONI
EAN: 9791281201569
PREZZO: 17,50

Descrizione

Dedicata a tutte le vittime di ogni regime e ai poeti e scrittori:
– Anatol E. Baconski
– Dan Desliu
– William Totoka
– Herta Müller
– Gheorghe Calciu-Dumitreasa
– Ana Blandiana
– Doina Maria Cornea
– Paul Goma
– Mircea Dinescu
– Gabriel Andreescu
La vita degli altri: introduzione
Era il 1967 quando Nicolae Ceaușescu divenne Presidente della Romania e il suo governo sempre più più autoritario. Negli anni ‘70, la “Piccola rivoluzione culturale” scatenò le prime espressioni di dissenso organizzato, che portarono poi alle proteste del 1989, facilmente stroncate dai carri armati. Il 21 dicembre dello stesso anno, un comizio di Ceaușescu a Bucarest finì tra i fischi e il dittatore si rifugiò nella sede del Comitato centrale. Il 25 dicembre Ceaușescu e sua moglie, dopo un processo sommario, saranno giustiziati nel bunker di Targoviste.
Storia e storiografia
Per meglio comprendere il libro-dossier “Signori, alzatevi in piedi!” di Nela Munich, che ho il piacere di proporvi, giocoforza per me è doveroso far ricorso ai fatti storici più significativi, molto spesso sperduti nel comodo oblio di chi vuole dimenticare in fretta, ma che sono essenziali e prodromici per meglio comprendere questa nuova interessantissima proposta narrativa, destinata a essere testimonianza diretta soprattutto di fatti ed episodi di un vissuto personale, quello di Nela appunto, che hanno determinato la vita di un popolo, di tante famiglie, di una in particolare, quindi quella di una giovane donna e, più semplicemente: la vita degli altri. Dopo la seconda guerra mondiale, in Romania i comunisti ottennero un ruolo significativo nella vita politica. Infatti, dall’agosto 1944, quando, a fianco dei raggruppamenti democratici e del re Michele, fecero crollare il governo filo nazista del maresciallo Ion Antonescu, appena una settimana dopo, l’Armata Rossa attraversò il confine e l’esercito sovietico rimase nel Paese per quattordici lunghi anni.
Nelle elezioni del 9 novembre 1946, i comunisti ottennero l’80% dei voti. Tra il 1946 e il 1947 centinaia di funzionari pubblici, militari e civili, vennero processati con l’accusa di aver sostenuto il regime del generale Antonescu, e molti furono condannati a morte per crimini di guerra. Nel dicembre 1947 re Michele si ritirò in esilio dopo essere stato costretto ad abdicare, il 13 aprile 1948 fu emanata la Costituzione della Repubblica Popolare Rumena che proibiva e puniva ogni associazione di natura fascista o anti democratica e garantiva la libertà di stampa, di parola e di assemblea solo a chi era autorizzato dal Governo. Ecco che, nei primi anni del dopoguerra, gli accordi “Sov-Rom” fecero nascere molte imprese sovietico-rumene, consentendo l’esportazione in URSS dei prodotti rumeni a prezzo politico. Nel 1948 fu introdotta la collettivizzazione delle terre, delle banche e delle imprese.
All’interno del partito si giunse a uno scontro tra le diverse anime: da un lato, c’erano i “Moscoviti” (tra loro Ana Pauker e Vasile Luca, che avevano trascorso gli anni di guerra nella capitale sovietica), i “Comunisti Prigionieri” di Gheorghe Gheorghiu-Dej, che erano stati nelle carceri rumene durante la guerra e, dall’altro, gli stalinisti “Comunisti del Segretariato”, tra cui Lucretiu Patrascanu, che si erano nascosti durante gli anni di Antonescu e avevano partecipato al Governo del 1944. Subito dopo la morte di Stalin e, probabilmente anche a causa delle politiche antisemite del tardo stalinismo (la Pauker era ebrea), Gheorghiu-Dej e i “Comunisti Prigionieri”, ebbero la meglio. La Pauker fu espulsa dal partito (insieme ad altri 192.000 membri) e Patrascanu fu torturato con l’amputazione di una gamba, accusato di revisionismo e poi giustiziato.
Gheorghiu-Dej non gradì le riforme introdotte in Unione Sovietica da Chruscev, dopo la morte di Stalin nel 1953. Inoltre, non condivise l’obiettivo del Comecon (Consiglio di mutua assistenza economica) di portare la Romania nel Blocco Orientale attraverso un programma di sviluppo dell’industria pesante. Chiuse i maggiori campi di lavoro, abbandonò il progetto del Canale Danubio-Mar Nero, pose fine al razionamento e aumentò i salari dei lavoratori. Tutto questo, insieme al risentimento dovuto al fatto che i territori storici della Romania erano rimasti nei confini dell’Urss, portò la Romania su una via relativamente indipendente e nazionalista – anche se il Paese aderì al Patto di Varsavia nel 1955.
Quando il regime comunista raggiunse la stabilità, aumentarono gli arresti soprattutto tra le élite pre-belliche: gli intellettuali, gli uomini di chiesa, gli insegnanti, gli ex politici. Nacque un sistema di campi e prigioni per i lavori forzati sul modello sovietico dei Gulag.
La tristemente famosa prigione di Pitesti divenne l’epicentro di un particolare “esperimento” comunista, con torture psicologiche e fisiche che portavano al crollo totale dell’individuo e trasformavano le vittime in carnefici. Durante la rivoluzione di Budapest, il governo rumeno offrì il proprio sostegno all’Urss e, in cambio, l’Unione Sovietica nel 1958 ritirò le proprie truppe dal Paese. Dopo la rivoluzione del 1956, Gheorghiu-Dej lavorò a stretto contatto con il nuovo leader ungherese, János Kádár, che in cambio rinunciò alle pretese sulla Transilvania.
Dopo il 1956, in Romania iniziarono le purghe politiche e si diffuse il terrore: ogni iniziativa di opposizione fu duramente sanzionata e crebbe il numero dei campi di lavoro. Si spensero nel sangue le proteste contro la nazionalizzazione e la collettivizzazione: chi si opponeva era perseguitato, torturato, ucciso o deportato. Anche a seguito di queste repressioni, presero vigore alcuni gruppi di resistenza armata.
Fu invece Nicolae Ceaușescu a fare del comunismo nazionale la linea guida del governo rumeno. Divenuto Capo del Partito Comunista nel 1965, dopo la morte in circostanze non chiare di Dej a Mosca, e Capo dello Stato nel 1967, fin dai primi anni del suo governo seppe sfruttare il nazionalismo nel gioco politico: infatti, appellandosi ai sentimenti antisovietici della gente, si conquistò la simpatia della società.
Al comunismo nazionale si accompagnò un’apparente liberalizzazione dell’economia. Vennero rilasciati i prigionieri politici, per dare l’impressione che il terrore fosse una conseguenza della politica sovietica e che la Romania si stesse invece incamminando verso un sistema liberale. Ceaușescu sfruttò il processo di liberalizzazione per eliminare tutti gli oppositori, accusandoli di essere responsabili del terrore degli anni ‘50.
La grande popolarità che Ceaușescu si guadagnò grazie a questa politica, a poco a poco, divenne un culto della personalità, mentre il suo governo diventava sempre più autoritario e i rigidi controlli della polizia soffocavano sul nascere qualsiasi critica al regime.
Dopo la visita del 1971 della Corea del Nord, Ceaușescu sviluppò una visione di completa ristrutturazione della nazione, la cosiddetta “sistematizzazione” o “Piccola Rivoluzione Culturale”. Per far posto al gigantesco complesso della Casa del Popolo e all’annesso Centro Civico fu rasa al suolo una grande parte di Bucarest, cancellando un intero quartiere di circa quarantamila edifici.
Negli anni ‘80, per ripagare i prestiti stranieri e terminare la costruzione del Palazzo del Popolo, si razionarono i beni di prima necessità in modo sempre più drastico. Dal 1985 questo provvedimento si estese anche al petrolio, all’energia elettrica, al gas e al riscaldamento. Nacque il mercato nero e le sigarette divennero la “seconda valuta” del Paese, utilizzate per comprare qualsiasi cosa. Contemporaneamente, il controllo sulla società si fece sempre più rigido: le conversazioni telefoniche erano spiate, la Securitate arruolò molti nuovi agenti, la censura divenne più ferrea. Secondo alcuni rapporti, nel 1989 un rumeno su tre era un informatore e nove rumeni su dieci erano spiati.
Le prime espressioni significative di un movimento dissidente comparvero all’inizio degli anni ‘70, in seguito alla “Piccola Rivoluzione Culturale”: nel 1970 il poeta Anatol E. Baconski pubblicò su una rivista letteraria austriaca un articolo in cui protestava contro la censura in Romania, l’anno successivo il poeta Dan Desliu si espresse pubblicamente contro la politica del governo.
Nel 1977 scoppiò una protesta nelle miniere di Lupeni, che si diffuse in tutta la pianura dello Jiu. Gli scioperi furono soffocati con la violenza e le deportazioni di centinaia di operai.
Nel febbraio del 1979, Ionel Cana e Gheroghe Brasoveanu fondarono il Sindacato Libero dei Lavoratori Rumeni.
Nel 1972 la minoranza tedesca, di cui fa parte la nostra autrice, creò a Timisoara il “Gruppo Operativo Banat”, costituito da scrittori francofoni del Banato, che intendeva proporre iniziative culturali indipendenti. I partecipanti subirono dure repressioni: il fondatore William Totoka fu incarcerato, mentre altri, tra cui il premio Nobel Herta Müller, andarono in esilio. Diversa fu la sorte della minoranza ungherese, vittima di un programma di assimilazione totale.
Sul fronte ecclesiastico, benché la Chiesa Ortodossa Rumena collaborasse con lo Stato, molti religiosi presero posizione contro le limitazioni alla libertà di fede. Uno di loro, Gheorghe Calciu-Dumitreasa, fu arrestato nel 1979 e rilasciato solo nel 1984, a seguito di proteste internazionali. Alcuni membri dell’Associazione degli Scrittori, benché aderenti a un’organizzazione di partito, rivendicarono il diritto alla libertà di pensiero, diventando così il simbolo del rifiuto dell’ideologia, anche a prezzo della propria carriera. Una delle rappresentanti più significative di questo gruppo fu la poetessa Ana Blandiana, i cui versi erano un’aperta critica al regime.
Le figure di dissidenti più importanti di questo periodo sono Doina Maria Cornea, docente di Romanistica all’università di Cluj, che nonostante le persecuzioni di cui fu incessantemente oggetto, espresse sempre con coerenza la propria opposizione al regime, e Paul Goma, l’unico oppositore rumeno a scrivere una lettera pubblica di solidarietà “Charta 77”, arrestato e torturato con l’accusa di alto tradimento per le sue critiche al regime.
Gli anni ‘80 si caratterizzarono per una grave crisi economica e per il progressivo peggioramento delle condizioni di vita. Alla notizia di una nuova diminuzione dei salari, il 15 novembre 1987 migliaia di lavoratori scesero per strada a Brasov protestando contro Ceaușescu. La repressione fu immediata.
Era il marzo del 1989 quando la BBC diffuse la cosiddetta “Lettera dei sei”, in cui sei ex leader comunisti criticavano la politica interna di Ceaușescu: la collettivizzazione delle campagne, il folle piano di distruzione di Bucarest, lo strapotere delle Securitate, la censura e le intercettazioni telefoniche.
Il successivo 17 marzo, il quotidiano francese Liberation pubblicò un pamphlet di Mircea Dinescu che descriveva la situazione del Paese. In maggio, durante l’incontro a Parigi della Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, Gabriel Andreescu fece uno sciopero della fame di due settimane per protestare contro il regime.
Due mesi dopo fu presentato alla Commissione per la Difesa contro la Discriminazione e la Difesa delle Minoranze il rapporto sulle violazioni dei diritti umani di Dumitri Mazilu. Con questo gesto eclatante, Mazilu, ex diplomatico e ufficiale della Securitate, iniziò a combattere contro il regime. Nell’ottobre 1989 Doina Maria Cornea insieme a un folto gruppo di dissidenti, spedì in Occidente una lettera aperta contro la rielezione di Ceaușescu a segretario del partito. Nel frattempo nel Paese si scatenò una violenta ondata di arresti.
Il 17 dicembre un gruppo di Ungheresi transilvani, a cui si unirono anche numerosi Rumeni, si raccolse a Timisoara, proprio davanti alla casa del pastore protestante Laszlo Tokes, condannato all’esilio. Il governo rispose con i carri armati, uccidendo 100 persone. Il 20 dicembre il dittatore condannò gli eventi di Timisoara con un discorso alla radio. Il giorno seguente un comizio di Ceaușescu davanti alla sede del Comitato Centrale di Bucarest finì nel caos: il leader fu costretto a rifugiarsi all’interno dell’edificio.
La popolazione prese d’assedio il palazzo dove erano rinchiusi Nicolae ed Elena Ceaușescu, che fuggirono in elicottero dal tetto. Contemporaneamente furono occupate la radio e la televisione, che cominciarono a trasmettere in diretta la cronaca degli eventi. Fu solo a sera che si costituirono i primi reparti armati di rivoltosi, ai quali si unì l’esercito, che invase la sede della Securitate.
Il 25 dicembre, Nicolae ed Elena Ceaușescu furono condannati a morte, al termine di un processo sommario, nel bunker di Targoviste dove si erano rifugiati. Quella fu una sentenza che fu eseguita immediatamente.
Rispetto agli altri Paesi del blocco sovietico, in Romania il dissenso non ha avuto parte nella caduta del regime. Il suo minore grado di attività, in relazione a quello di altri Paesi, ha piuttosto contribuito a far sì che, dopo il 1989, a Bucarest si siano installati al potere i rappresentanti di seconda linea del Partito comunista e non gli oppositori al partito. I cambiamenti che ci si doveva aspettare dopo la caduta del regime sono stati perciò molto più dilazionati, esitanti, parziali…quasi inconsistenti.
Dopo la doverosa ricostruzione cronologica di questo spaccato di storia, senza anticiparvi nulla, sono orgoglioso e, al contempo, felice nel pubblicare la “storia umana” di una donna che non ha perso mai la dignità e il coraggio e, seppur costretta a lasciare il suo Paese da apolide perché considerata di sangue impuro (Zero negativo), giunge in Italia, non dimentica il suo popolo (infatti, come si scoprirà soprattutto nel secondo volume, è indiscutibile la sua attività di volontariato volta ad assistere e a curare i tanti feriti che anche nel nostro Paese giungevano dalla Romania) e la sua sensibilità umana che la porterà ad adottare una giovanissima ragazza, anch’ella Rumena, abbandonata dal suo governo, dalla vita e dalla stessa madre. Quindi, cos’altro potrei aggiungervi per esortarvi a conoscere questa straorinaria vicenda umana, se non dicendovi semplicemente: “Signore e Signori, alzatevi in piedi a rendere omaggio a Nela, un’eroina che con questo suo libro non vi lascerà come disincantati e asettici lettori, ma sarà capace di conquistare i vostri cuori e i vostri animi”.
Grazie Nela per il tuo contributo letterario.
Antonello Di Carlo
BOOKTRAILER

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