Amore e castigo

15,00

AUTORE: Massimo Del Zio
TITOLO: Amore e castigo
ANNO: ©2023 DI CARLO EDIZIONI
ISBN-13: 979-1281201613
PREZZO: 15,00

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Descrizione

Ovunque si vada regna l’intellegibile bisogno d’amore, inteso come connubio ontologico di forma e sostanza, a volte attrizione altre unguento curativo; non importa se fisico, divino, ideale, brutale, filosofico, trascendentale, romantico, evocativo o reale.
Perché la dimensione che esso assume nel corso dei secoli è teleologicamente predestinata a “lenire” l’impostura dell’ipocrisia più appariscente, chiassosa e ovattata. Credo che sia questo il messaggio che il Maestro Massimo Del Zio intenda trasmetterci e, da navigato cultore della poesia ed esegeta, lo fa nel miglior modo che conosce: attraverso una silloge poetica di rara fattezza in cui rispolvera la materia poetica dagli albori, quando appunto il verbo greco ποιέω (traslitterato poiéō), significava letteralmente “fare”, ai tempi più moderni, dove ha assunto eccezioni sempre più variegate e diverse come, per l’appunto, quelle di “comporre, poetare e celebrare”. Questo è quanto fa il poeta. Crea un’idea, da cui realizzerà una composizione poetica al fine di celebrare la sua “cogitatio”: di fatto un vero trasferimento tra pensiero e azione. Il Maestro, che ben conosce le leggi che governano la “materia”, da buon cultore anche di filosofia e di musicologia, in questo suo ultimo sforzo poetico, ha trovato lande fertili su cui pascolare greggi e armenti, senza mai dimenticarsi di condurli ad abbeverarsi presso la sacra fonte di Euterpe. Con prodromico proselitismo, ci rammenta che la poesia è l’arte per antonomasia, grazie alla quale è possibile creare, attraverso la scelta e l’accostamento di parole e secondo particolari leggi metriche, quel componimento fatto di versi, in cui il significato semantico si lega al suono musicale dei fonemi. Ma nel compiere questa azione mai dimentica la dolcezza dei suoni che solo la musica sa dare. In tal maniera, riesce a trasmettere concetti e stati d’animo, come vere e proprie iperboli poetiche, in maniera sempre evocativa, potente e con un rapportarsi -oserei dire- quasi religioso alla metrica.
È sufficiente assaporare, senza ingordigia, ma con ragionata parsimonia, liriche come “ Salomè”, “Amore antico” o (una delle mie preferite anche per svelato e caparbio campanilismo) “Sicilia”, per accorgersi quanto presenti possano essere, sempre con ricercata fattura, per molti aspetti, quasi manieristica, le sinestetiche dimensioni della dizione e della recitazione. Il poeta, dal mondo antico preomerico e dalla lirica greca, “transuma” poesia e musica, nella silloge spesso unite, proprio come era solito accadere anche nei Kunstlieder tedeschi. Inutile dire che il risultato del suo “fare” è l’offerta di poesie d’autore, sotto forma di canzoni, quasi accompagnate da musiche appositamente composte.
Con la poesia, Massimo Del Zio fa uso della lingua nella sua duplice funzione: da un lato è vettore di significati – con contenuti sia informativi sia emotivi- e dall’altro, vettore di suoni. Per adempiere in maniera efficace a questa duplice funzione, la sintassi e l’ortografia, in questo gradevolissimo neoclassico versificare, per mano del poeta, subiscono variazioni e allitterazioni rispetto alle canoniche norme dell’Italiano standard.
Pertanto, proprio attraverso ricercate licenze poetiche, ogni lirica presente in silloge diviene funzionale, non solo esteticamente, ma anche ai fini della comunicazione del messaggio che contiene. Per il Maestro la poesia è un dovere quasi civico, un adempimento giuridico e religioso; ed è proprio la sfera mistica e religiosa che ispira il poeta e accompagnano tanti dei motivi della raccolta de quo. Massimo Del Zio non nasconde la sua debolezza verso le composizioni leopardiane, di fatto non ne fa mistero alcuno. De facto, da un lato il navigato lirismo di Del Zio è profondamente ispirato dalla poetica dell’illustre recanatese e, dall’altro, come quest’ultimo, sembra quasi crogiolarsi nella patologica prigionia, nel caso di specie racchiusa tra il suo appartamento parigino e la Tour Eiffel (suo ermo colle), consacrando a questo spazio il suo lavoro, le sue passioni e ogni sua riflessione.
Avere letto liriche come “Passioni romantiche” e “Amore antico” hanno traslato nel mio animo neoclassico e romantico grande gaudio. Il Maestro ci spiega, come per lui, quanto il passare del tempo non sia importante per il cuore e che è possibile amare, anche stando lontani, perché quell’amore, se è vero e puro, non morirà mai neanche fra mille anni. Il sentimento che nutre per la sua “Silvia” è struggente e, al contempo, salvifico, perché è inizio, non fine e come Apuleio, anch’egli di una storia amorosa “si disinteressa del lieto fine”, perché l’amore è un viaggio senza mappa né bussola e la prudenza porta fuori strada.
Quest’ultimo aspetto ce lo ricordano anche grandi della letteratura come Stendhal: “Un segno che l’amore è appena nato è che tutti i piaceri e tutte le pene che possono dare tutte le altre passioni e tutti gli altri bisogni dell’uomo cessano all’istante di avere incidenza su di lui”, e Neruda: “… Perché tutto l’amore mi arriva di colpo quando sono triste e ti sento lontana”. A tal proposito, il Maestro pone un altro importante accento sulla ontologica riflessione in oggetto enfatizzando, per mera volontà, che tutto ciò che esiste è solo grazie all’amore, e se quest’ultimo non si rivela, è soltanto perché noi non vogliamo trovarlo.
Mi associo, senza remore e perplessità, perché anch’io credo che l’amore sia veramente “l’unica possibilità”. Dall’apice della sua poliedrica visione e “inaudita altera speme”, quasi a sigillare il momento temporale della sua stessa vita, Massimo Del Zio, con la lirica “Fluctuat nec mergitur” (locuzione latina e motto stesso di Parigi, città in cui risiede l’autore) ci rammenta che grazie a Dio, all’Amore e alla speranza, anch’egli, come un acazio in balia del pelago “ondeggia ma non affonda”.
Grazie Massimo per il tuo prezioso tributo poetico che, seppur su di una leggerissima imbarcazione di ellenica memoria, sei riuscito a navigare l’oceano infinito della poesia. Felice di potere dire che per fortuna “il Maestro non è andato via”, al contrario “mergitur” , galleggiando ancora (vedi la silloge “L’isola”: “D’ocean la mia mente poi deriva, d’ocean la mia mente… poi declina, così vo’ naufragando… tra la tue braccia d’eternità!”

Antonello Di Carlo

Copertina realizzata dal dipinto di Laura Intaglietta

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